Non vogliamo teste piene, le vogliamo ben fatte

lodiUn tranquillo pomeriggio di aprile, Libreria aperta da pochi giorni, ancora nuovissimi i libri, ancora presente l’emozione dell’inaugurazione e del negozio pieno di gente.
Entra una bambina, circa 8 anni: Ce l’hai i libri di Mario Lodi?
Domanda secca, gusti precisi, una lettrice consapevole e preparata.
Il sogno di ogni Libraio.
E che gusti la giovane lettrice.
Un classico, se volete, ma molto attuale.
Mario Lodi, maestro, scrittore, pedagogista.
Il padre di un modello rivoluzionario di scuola e di metodo di insegnamento.
Un innovatore ai suoi tempi che ha fatto del contatto quotidiano con i bambini e con la loro osservazione partecipe il punto di partenza per ridisegnare la Scuola, quella con la S maiuscola, quella dove l’insegnamento doveva passare attraverso la cooperazione e la collaborazione dell’alunno, la ricezione critica piuttosto che l’ascolto passivo.
“Tanto nella società come nella scuola credo non ci possano essere che due modi di vivere: o la sottomissione a un capo non eletto, oppure un sistema in cui la libertà di ognuno sia rispettata, condizionata solo dalle necessità di tutti.”
La nuova scuola democratica di Mario Lodi.
Doveva essere l’inizio della rivoluzione, ma oggi a che punto siamo?
Le nostre scuole hanno la consapevolezza che il bambino è portatore di una vera e propria cultura che una società civile deve saper accogliere e rispettare?
Io credo di si, credo che ci sono tante maestre, maestri, insegnanti e operatori che sanno guardare dentro ad ogni bambini e provano a cogliere l’infinita complessità e l’infinito potenziale di ognuno.
Sanno che “i disegni dei bambini non sono mai sbagliati ma sempre rivelatori di universi intimi”e che “Compito della scuola è trasformare un gregge passivo in un popolo di cittadini pensanti”.
Compito della scuola è proprio quello di formare le persone, rendendole capaci e libere di inserirsi nella società ascoltando, rispettando, esponendo liberamente le proprie idee.

Mario Lodi credeva che la scuola fosse uno strumento di democrazia, allora, dopo un ventennio di dittatura fascista, ma anche adesso è un pensiero molto attuale.
La scuola di Mario Lodi, alla fine del fascismo e della guerra, era una scuola che iniziava ad aprirsi ai bambini delle campagne, che arrivavano parlando un dialetto diverso, una vera e propria lingua diversa.
E allora c’era il problema di comunicazione.
Il maestro Lodi cercava di far comunicare i bambini attraverso non solo la parola scritta, ma anche il disegno, la musica, il gioco e il lavoro pratico.
C’era una cosa che nella diversità di linguaggio univa tutti i bambini: le emozioni, la felicità, il dolore. E su queste cose Mario Lodi lavorava per formare gli uomini di domani.
Un problema molto attuale, bambini che parlano lingue diverse, ma hanno emozioni simili, sogni e speranze e un potenziale tutto da scoprire.

L’opera più nota di Mario lodi è senz’altro Cipì, storia di quel passerotto curioso e intraprendente, con tanta voglia di scoprire il mondo, che rappresenta la sua filosofia dell’educazione.
Il passerotto è curioso a tal punto da mettersi sempre alla prova, crescendo e diventando cosi adulto.
«Sono due le molle scatenanti, i motori che fanno crescere: la cuoriosità e il desiderio di essere se stessi. Che è un elemento di trasgressione, di anticonformismo: non si insegna, in queste pagine, l’omologazione. Ma a scoprire chi si è veramente».

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Un pensiero su “Non vogliamo teste piene, le vogliamo ben fatte

  1. Mario Lodi, don Milani, Zavallone, quanti hanno creduto nella scuola come luogo di crescita e formazione!
    Purtroppo sulla strada del loro pensiero hanno trovato una Letizia Moratti, una Gelmini, tanti burocrati nel Ministero, tanti, forse troppi!, insegnanti che hanno preferito l’adattamento a modelli costituiti aprioristicamente piuttosto che mettersi in gioco per costruire, insieme ai bambini, il “sapere” che conta, quello che ti fa dire: io ci sono!
    Cogito, ergo sum!

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